La povera studentessa ha sposato un uomo di sessant’anni. E dopo il matrimonio, lui le chiese in camera da letto qualcosa che la fece gelar

Anna si trovava davanti alla finestra della sua stanza, fissando il giardino avvolto nel chiarore lunare. Le mani le tremavano mentre, con movimenti lenti, scioglieva la forcina che teneva raccolti i suoi lunghi capelli castani.

Il cuore le batteva all’impazzata, eppure una calma strana, quasi innaturale, le scorreva dentro. Conosceva il destino che l’attendeva, lo aveva intuito fin da quando i suoi genitori le avevano comunicato quella che per loro era una notizia meravigliosa: sarebbe diventata la moglie di un uomo molto più anziano, ricco e influente, ma per lei del tutto estraneo.

Ivan Sergeevič, uomo d’affari russo, aveva almeno tre volte la sua età. Per la sua famiglia, però, rappresentava una soluzione, l’ultima ancora di salvezza per uscire da una crisi finanziaria che minacciava di distruggerli. Anna non aveva mai voluto quel matrimonio, non l’aveva mai nemmeno immaginato. Non aveva chiesto di essere sacrificata per rimediare agli errori economici di suo padre. Eppure, quella sera qualcosa stava cambiando.

Sentì la porta aprirsi e i passi di Ivan avvicinarsi. Non si girò subito. Sembrava voler fingere di non notarlo. Ma poi si voltò, lentamente. L’uomo era lì, alto e imponente, ma privo di quell’aura di potere che aveva sempre ostentato. Non indossava l’abito elegante del giorno, ma una semplice camicia bianca. I suoi occhi grigi la osservavano con un’intensità che la confondeva.

«Anna,» disse con tono pacato, quasi rassicurante, «siediti, dobbiamo parlare.»

Con la gola stretta dall’emozione, Anna si sedette sul bordo del letto. Aveva temuto quel momento per tanto tempo, ma ora che era arrivato, si scopriva incapace di dire una parola.

Ivan restò in silenzio per qualche istante, poi parlò con sincerità disarmante. «So che non hai scelto questa unione. So che i tuoi genitori ti hanno messa alle strette. Ma prima che si vada oltre, ho una richiesta da farti.»

La stanza divenne pesante come se il silenzio avesse un peso. Anna si sentiva fragile, come se stesse per affrontare qualcosa di sconvolgente.

«Promettimi una cosa», disse Ivan, aprendo il cassetto del comodino per estrarne una cartella. «Continua a studiare medicina. Sei al terzo anno, giusto?»

Anna annuì, sorpresa, senza riuscire a formulare una risposta. Non poteva credere a ciò che stava sentendo. L’uomo che avrebbe dovuto essere il suo sposo le stava parlando di un futuro diverso da quello che aveva temuto.

«Ho organizzato tutto,» continuò porgendole la cartella. «Un conto bancario a tuo nome, un appartamento vicino all’università. Voglio che tu completi il tuo percorso. Voglio che diventi medico.»

Sul punto di piangere, Anna sfogliò quei documenti con mani tremanti: estratti conto, contratti d’affitto, piani di studio. Una vita nuova, impensabile fino a quel momento.

«Non capisco», riuscì appena a mormorare.

Ivan sospirò, il suo volto si fece serio. «Mia moglie, Ekaterina, era un’oncologa brillante. Ha dedicato la vita ad aiutare gli altri, ma non è riuscita a salvare se stessa.»

Gli occhi di Anna si velarono, ma Ivan continuò, come se volesse liberarsi da un peso.

«Ti ho vista per la prima volta a un evento benefico, quando tuo padre cercava di avvicinarmi. In te ho riconosciuto quella stessa passione che aveva lei. La stessa luce negli occhi.»

Anna era disorientata. Le parole non riuscivano a fluire.

«Perché?», chiese infine, tremando. «Perché vuoi aiutarmi se non provi nulla per me?»

Ivan si alzò, andò verso la finestra. La sua voce si fece più bassa. «Tuo padre mi ha proposto un patto: i suoi debiti in cambio della tua mano. Io non desideravo questo matrimonio. Ma ho pensato che forse stavi sacrificando tutto per la tua famiglia. Così ho detto sì.»

Anna ascoltava in silenzio, ancora incredula.

Ivan si voltò, con gli occhi carichi di malinconia. «Non voglio essere davvero tuo marito, Anna. Ho sessant’anni. Tu hai la vita davanti. Voglio solo offrirti la possibilità che Ekaterina non ha avuto. Voglio che tu realizzi il tuo sogno.»

Si avviò verso la porta. «La tua nuova stanza è pronta. Domani ti porterò a vedere l’appartamento.»

Poi si fermò un attimo, voltandosi: «Ah, e complimenti per il primo posto all’esame di anatomia. Ekaterina sarebbe stata fiera di te.»

Quando la porta si chiuse, Anna restò immobile con il fascicolo stretto tra le mani. Non solo aveva evitato il destino che temeva, ma aveva ricevuto un dono inaspettato: la libertà di scegliere il proprio futuro.

Quella notte si addormentò col sorriso sulle labbra, per la prima volta senza paura, ma con un seme di speranza che cresceva dentro di lei. Nel cuore, ringraziò Ekaterina, la donna che non aveva mai conosciuto ma che aveva cambiato la sua vita.

Tre anni dopo, la dottoressa Anna Sergeevna varcava le porte dell’ospedale, pronta a prendersi cura degli altri, con gratitudine per chi aveva creduto in lei e le aveva permesso di vivere davvero.

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